Data

Attack Surface Management: mitiga il rischio di compromissione in 7 step 

La crescente digitalizzazione degli strumenti aziendali rende la gestione della superficie di attacco (o Attack Surface Management) un tema cruciale per le organizzazioni. L’adozione sempre più diffusa di servizi cloud, dispositivi IoT e architetture IT distribuite ha, infatti, portato a un’evoluzione degli attacchi informatici a danno delle imprese che, come confermano i dati dell’ultimo rapporto Clusit, sono in constante aumento. 

La gestione degli asset informatici aziendali, pur essendo un tema di primaria importanza, è spesso molto complessa. Mancanza di risorse, personale qualificato e una cultura della cyber security non adeguata rendono l’Attack Surface Management una sfida per molte imprese. La mera implementazione di soluzioni di sicurezza tradizionali non è più sufficiente a fronteggiare minacce sempre più sofisticate e diversificate. È imperativo adottare un approccio proattivo e olistico per comprendere, monitorare e ridurre l’esposizione al rischio cibernetico, trasformando la gestione della superficie di attacco da un’attività reattiva a una strategia continua e integrata nel ciclo di vita della sicurezza aziendale. 

1. L’identificazione degli asset: tutto parte da qui 

Per gestire efficacemente la vostra superficie di attacco, è fondamentale capire prima di tutto di cosa si tratta. Immaginatela come una serie di porte e finestre della vostra infrastruttura digitale; ogni punto di accesso non protetto rappresenta un’opportunità per un criminale per entrare e agire a suo piacimento. Il primo passo chiave è identificare in modo completo e accurato tutti i vostri asset digitali. Non si tratta solo dei server e dei computer che conoscete, ma anche dei dispositivi mobili, delle applicazioni in cloud, dei container, delle API e di tutti i database.  

È indispensabile mappare non solo gli asset gestiti attivamente, ma anche quelli “ombra”, spesso comparsi a seguito di espansioni rapide. Senza una visibilità totale sulla vostra infrastruttura la valutazione del rischio diventa imprecisa, lasciando ampie brecce sfruttabili. Strumenti avanzati di discovery e inventario automatico sono indispensabili in questa fase per una copertura esaustiva e per ridurre i vostri punti di esposizione. 

2. Analizzare le vulnerabilità: comprendere i rischi 

Una volta mappati tutti gli asset digitali della vostra organizzazione, il passo successivo consiste nell’analizzare a fondo le loro vulnerabilità. Questa fase implica la scansione sistematica di sistemi, applicazioni e delle relative impostazioni, per individuare vulnerabilità note, errori nei parametri di configurazione o qualsiasi altra falla potenzialmente sfruttabile. 

L’obiettivo è identificare i punti critici che, se compromessi, potrebbero esporre dati sensibili o compromettere la continuità operativa dell’organizzazione. È un processo che richiede strumenti capaci di scandagliare grandi quantità di dati e, sempre più spesso, di utilizzare l’intelligenza artificiale per individuare pattern e priorità tra le minacce. Questa analisi non deve essere vista come un evento isolato, ma un’attività continua. È essenziale tenere sotto controllo nuove vulnerabilità e risolverle prima che vengano sfruttate dai criminali informatici.  

3. Assegnare la giusta priorità alle vulnerabilità e pianificare la remediation 

Una volta identificate e analizzate le vulnerabilità, il passo successivo è dare loro la giusta priorità e definire un piano di remediation. Non tutte le vulnerabilità hanno lo stesso impatto o la stessa urgenza. È fondamentale agire in primis sulle vulnerabilità più severe, tendendo conto dei seguenti aspetti: 

  • la gravità potenziale di ciascuna vulnerabilità; 
  • la facilità con cui potrebbe essere sfruttata; 
  • il suo impatto sul vostro business e sui dati sensibili.  

Questo step è fondamentale poiché vi permette di allocare le risorse in modo efficiente, concentrandovi prima sulle minacce più significative.  

4. La remediation: azioni concrete per la sicurezza 

Una volta stabilite le priorità, si passa alla fase operativa della remediation. Questo è il momento di agire per chiudere quelle “porte” e “finestre” che avete identificato. La remediation va ben oltre la semplice applicazione di patch software. Può includere una serie di azioni diverse, come la riconfigurazione di sistemi e reti per eliminare configurazioni errate, l’implementazione di nuovi controlli di sicurezza, l’aggiornamento delle politiche aziendali per riflettere le migliori pratiche, o persino la dismissione di software e hardware ormai obsoleti che rappresentano rischi inaccettabili.  

È un processo che richiede un’esecuzione metodica e spesso l’intervento di competenze specializzate per garantire che ogni lacuna sia chiusa in modo efficace e definitivo, contribuendo a rafforzare complessivamente la vostra postura di sicurezza. 

5. Il monitoraggio continuo e l’evoluzione della difesa 

    La gestione della superficie di attacco non è un compito che si esaurisce con la remediation delle vulnerabilità scoperte. La vostra superficie di attacco è un’entità dinamica, in costante evoluzione a causa di nuovi sviluppi tecnologici, l’introduzione di nuove applicazioni, l’espansione dei servizi cloud o semplicemente l’emergere di nuove tipologie di minacce. 

    Per questo motivo, un monitoraggio continuo è assolutamente indispensabile. Serve una vigilanza costante sui vostri asset, una scansione regolare per nuove vulnerabilità e un’attenzione alle più recenti tecniche di attacco. Ogni nuova scoperta o incidente dovrebbe alimentare un ciclo di miglioramento, permettendovi di affinare le vostre strategie di difesa. Affidarsi a partner esterni specializzati in servizi gestiti può alleggerire il carico, garantendo che la vostra postura di sicurezza rimanga sempre robusta e aggiornata

    6. La cultura della sicurezza: il peso del “fattore umano” 

      Al di là degli strumenti tecnologici e dei processi metodici, un pilastro fondamentale nella gestione della superficie di attacco è il fattore umano. Non importa quanto sofisticate siano le vostre difese perimetrali o quanto accurate le vostre scansioni di vulnerabilità, se il vostro personale non è adeguatamente formato e consapevole dei rischi. I dipendenti sono spesso il primo, e talvolta il più vulnerabile, punto di contatto per gli attacchi di social engineering, come il phishing.  

      Per questo, investire in una formazione continua sulla sicurezza informatica è cruciale. Creare una cultura aziendale in cui la sicurezza non sia vista come un mero onere, ma come una responsabilità condivisa e un valore imprescindibile, riduce significativamente le probabilità di incidenti causati da errori umani.  

      7. Attack surface management: l’importanza di un approccio proattivo  

        Adottare un approccio sistematico alla gestione della superficie di attacco offre vantaggi che vanno ben oltre la protezione tecnica. Significa passare da una difesa reattiva, che interviene solo dopo un incidente, a una strategia proattiva, capace di anticipare e neutralizzare le minacce prima che possano concretizzarsi. Si tratta di una logica che abilita una riduzione misurabile del rischio cibernetico per la vostra azienda, fornendo dati oggettivi che possono supportare le decisioni e gli investimenti in sicurezza.  

        Guadagnerete un controllo strategico sulla vostra postura di sicurezza, con una visione chiara dei punti deboli e delle azioni necessarie. Questo vi permetterà di concentrare le vostre energie sul core business, delegando la complessa gestione delle minacce a chi possiede competenze specifiche. 

        Potrebbero
        Interessarti anche

        Rimani aggiornato sulle ultime novità del mondo ICT
        ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER